Albering.
Non sono impazzita: non trasformo nel gerundio inglese parole italiane a caso, davvero! J
Albering è un'attività ludica da fare in mezzo ai boschi, in posti attrezzati: ci si appende in sicurezza con funi e caschetti per poi lasciarsi andare su sistemi di carrucole tra un albero e l'altro, si cammina stile funambolo a tot metri di altezza (dove siamo stati noi, fino a 12 mt) su corde sottili, ci si arrampica su tronchi che tutto fanno tranne che stare fermi al tuo passaggio.
Sì, lo so, descritta così è da paura: in realtà...lo è!
Ma non nel senso peggiore del termine.
Paura perchè non è il nostro ambiente naturale; paura perchè ci mettiamo alla prova, anche fisicamente, in terreni impervi.
L'ho trovato un esercizio di grande coscienza verso se stessi.
Con questo non voglio dire che bisogna fare albering per prendere coscienza di quanto abbiamo nascosto nel profondo.
Ma mettersi in condizioni non comfortable, sfidarci per cercare di superare limiti che magari ci impediscono di evolvere trovo sia un passo necessario per crescere.
Osservavo bambini sotto il metro di altezza caparbi, anche in difficoltà (non di pericolo, tranquilli: intendo che non erano in una situazione comune) ma che o per indole personale o grazie agli incoraggiamenti di amichetti magari scoperti in quella situazione, non si sono arresi.
Alla fine del percorso ci sono sempre arrivati, con le loro capacità, magari con lo sguardo un po’ impaurito ma al “traguardo” capaci di ridere e pronti ad incoraggiare chi veniva subito dopo.
Negli occhi di alcuni adulti ho visto invece altro: paura del giudizio, rassegnazione, arrendevolezza.
Il fatto di non farcela, di cedere alla paura non è ammissibile: altrimenti gli altri ci giudicano (prendono in giro, saremo lo zimbello alle prossime cene fra amici,….).
Essere rassegnati di non essere all’altezza della situazione: arrendersi così agli eventi, senza nemmeno provarci, a volte.
Mi ha fatto riflettere come sia netta la differenza fra chi ha la mente sgombra dal giudizio e chi invece ne è assoggettata.
Non tutti i “grandi” hanno reagito così, badate bene!
Quelli che più si sono divertiti, che anche a costo di una fatica incredibile hanno annunciato di voler ripetere l’esperienza, sono stati quelli che hanno affrontato la sfida come un gioco: proprio come i bambini.
Hanno liberato la testa dal giudizio e si sono lasciati trasportare dal momento, da quello che stavano facendo: magari anche con tanta paura (vedere gente che soffre di vertigini a tanti metri d’altezza mette paura anche a chi non ne soffre!) ma si sono concessi la possibilità di superarsi.
Vi chiederete come ho fatto a vedere tutto questo.
Quando sei in attesa del tuo turno hai molti modi per non farti prendere dal panico o dall’impazienza: ti puoi concentrare su ogni singolo passo che devi fare, ripetendoti la parte come fanno gli attori prima di entrare sul palcoscenico, oppure ti guardi intorno.
E gli occhi parlano: forse complice il posto dove ci si trova, in mezzo a così tanto verde da ubriacarti, forse per quel comune senso di mal comune mezzo gaudio e quindi ci permettiamo di mostrarci senza troppe maschere, fatto sta che se osservi vedi.
E osservare gli altri ti permette di vedere anche te stesso: mai come in situazioni uncomfortable ci troviamo tanti specchi pronti a riflettere quanto ci passa dentro.
Come l’ho vissuta io?
Devo essere sincera l'ho affrontata con grande divertimento: fortunatamente non temo l'altezza, ho un discreto equilibrio e un'infinita vena di follia che mi fa rimanere ragazzina. (Ah, sì, i percorsi sono per tutti: divisi per età, altezza e capacità). E valore aggiunto avevo dei piccoli fans ad incoraggiarmi a terra 😉
Ma ho capito anche che il mio fisico non è più quello di qualche tempo fa.
Capirai che scoperta, direte voi!
Eh, non è così semplice in realtà accorgersene: sì, sai che se fai le 4 del mattino ti ci vorrà una settimana( due, tre…) per riprenderti invece di 12 ore di sonno filate; sai che i tuoi muscoli più allenati sono quelli dei polsi (i polsi hanno muscoli?)per via di quanto scrivi al computer; certamente non hai bisogno di attività “estreme” per sapere che il tuo fiato è più corto o che se ti pieghi sulle ginocchia poi a rialzarti ti ci vuole una gru…
Quello che in realtà ho capito è che mi aspetto che il mio fisico reagisca in un modo ben preciso (efficiente, performante, senza troppi strascichi) quando io non faccio nulla per aiutarlo.
E questo ci succede per tanti aspetti nella vita: come possiamo pensare di avere un pianeta sano se noi per primi non adottiamo misure per tutelarlo? Come possiamo pretendere tolleranza verso il prossimo se noi per primi scagliamo pietre ovunque ci capiti quando siamo contrariati?
Prendere coscienza è il primo scalino per la vetta più alta: che dite, proviamo ad iniziare insieme questa scalata?
Poi promesso che arrivati in cima, a lasciarsi andare attaccati alla fune, ci si diverte un mondo: qualche livido ma ci sta, è la vita, non trovate?
Non aspettiamo il nuovo anno per i buoni propositi: partiamo ora a prendere coscienza. Stiamo già facendo il primo passo.