Luglio, insieme a Dicembre, è il mese che preferisco.
Lo so, sembra strano essendo i due mesi così diversi ma li ho sempre trovati complementari.
Come quando alle elementari ci facevano fare le ricerche sulle nazioni che preferivamo e io ricadevo sempre a riempire quaderni con immagini, usi e costumi di Australia e Svezia. (Molti anni dopo, ho avuto la fortuna di vistare entrambe e sì, sono molto diverse ma rimane in me un filo che le collega, anche se non so spiegarvi quale).
Dicevo di luglio.
Luglio è il mese che associo all’estate ma non per questo lo amo, visto che non è l’estate ma bensì la primavera la mia stagione preferita (Lo avrete capito, la mia mente fa giri strani..:-) ).
Passavo le estati da bambina a casa dai nonni, sugli appennini modenesi.
Luglio era il mese in cui raccoglievamo il fieno: dico raccoglievamo perché insieme a nonno e nonna, e solitamente una manciata di cuginetti che come me erano più un intralcio che un aiuto, salivo sul trattore durante le operazioni di raccolta.
Un profumo che ancora oggi è la mia personale madeleine: ogniqualvolta lo sento è come se salissi sulla macchina del tempo per una viaggio nel passato (ma quanto è buono l’odore del fieno appena tagliato??).
Luglio è poi il mese della maturità: lo so che si inizia già a giugno ma io l’orale l’ho dato il sette luglio e per me maturità è in questo mese.
Ho un ricordo meraviglioso delle superiori e anche dell’esame finale: no, non ero una secchiona tutta casa e scuola (decisamente non lo ero…ero più votata alla pallavolo e al fidanzato dell’epoca :-D) ma sono stata molto fortunata a trovare dei compagni di classe che sono stati come fratelli e sorelle per i cinque anni passati insieme e dei professori con la Vocazione.
Professoresse (tutte donne adesso che mi fermo a riflettere…) che si fermavano oltre l’orario di lavoro per spiegare a chi ne aveva bisogno un concetto ostico;
professoresse che ci hanno coperto con la direzione nella nostra decisione di un fughino di massa (per mancanza di fondi ci avevano rifiutato all’ultimo la gita, ma vi pare??), un giorno, per andare al carnevale di Venezia, con addirittura un paio di loro che ci accompagnarono, trasformando una normale fuga in un’occasione per insegnarci qualcosa sul carnevale e sulla città ;
professoresse che l’anno della maturità organizzarono delle merende a casa loro, a rotazione, per farci ripassare in modo incrociato tutte le materie, affinché la nostra mente fosse aperta non solo ad imparare nozioni,date, regole ma perché riuscissimo a vedere l’ampiezza della cultura;
professoresse che hanno partecipato alle nostre feste, ai nostri drammi adolescenziali, al nostro diventare adulti…potrei raccontare infiniti aneddoti sul quel periodo ma quello che più mi porto dietro e che mi hanno fatto amare la conoscenza, mi hanno fatto capire, con il loro esempio, senza coercizioni, quanto lo studio, il sapere, donino libertà.
Mi hanno insegnato a ragionare con la mia testa, ad esercitare il pensiero critico.
Mi hanno indicato la strada per la mia maturità. Come persona, prima che come studentessa.
Così ogni anno, nel periodo della maturità, provo ad immaginare cosa rimarrà ai nuovi maturi della loro esperienza quinquennale.
Quest’anno, così anomalo e assurdo soprattutto per la scuola, si è poi maturata (alla grandissima!) la figlia della mia carissima amica: è stata la prima amica a rimanere incinta e la sua “pupa” è stata per me sempre speciale.
E non vi dico che mi è dispiaciuto pensare che le sia stata tolta la possibilità di avere un ricordo bello, “normale”, dell’ultimo anno di scuola.
Però poi, parlando con lei, mi sono resa conto che la percezione di quanto sia stato strano, diverso, bello, brutto, è appunto una percezione: sicuramente avrà un ricordo diverso da tutti quelli che hanno sostenuto il suo percorso prima di lei ma non necessariamente meno prezioso.
E da una neo matura ho imparato (perché mai si smette di imparare, soprattutto da chi ha la mente ancora aperta: anche questo è un insegnamento delle mie meravigliose professoresse, che allora faticavo a capire) che la percezione di cosa sia speciale per noi è solo una questione di come decidiamo di viverlo.
Non è scritto da nessuna parte che perché diverso da come ci si aspetta, da come “deve” essere, significhi “meno”: siamo noi a rendere speciale, indimenticabile, che vale la pena di essere vissuta, un’esperienza. Un momento che terremo sempre caro, al riparo, nella nostra memoria emotiva.